Il sussidio estivo Megalì - Il segreto della città sospesa mette al centro dell’attenzione di responsabili ed educatori il tema delle relazioni umane e dei “legami” tra le persone.
Nel 2013 le comunità cristiane, le parrocchie e i gruppi sono state invitate a vivere con impegno l’Anno della Fede indetto da papa Benedetto XVI con la lettera apostolica Porta fidei. La Chiesa italiana invita inoltre i credenti ad avere come riferimento pastorale le indicazioni contenute in Educare
A partire da questi due testi fondamentali, anche Megalì vuole contribuire a rendere più bella e gioiosa l’estate per tante persone. È importante ricordare che la “bellezza” e la “gioia” che caratterizzano il Grest nascono, oltre che da tante idee e suggerimenti, anche da momenti e da “spazi” interiori in cui sostare e contemplare, riflettere e discutere, allo scopo di “ri-motivare”, cioè di ri-pensare profondamente le azioni e ri-trovare entusiasmo per ri-mettersi insieme in cammino. L’animazione è sempre in invito a ripartire e coinvolge l’interiorità e le azioni.
E allora, iniziando un’esperienza di comunità come il Grest, cominciando l’avventura di Megalì che invita a riflettere sulle relazioni, cosa significa ripensare la fede? A che cosa ci si riferisce quando si parla di fede? Che cosa gli animatori, le famiglie, i bambini e i ragazzi sono invitati a fare nell’Anno della Fede?
A partire dall’avventura umana di Gesù ci si accorge che la “vita buona” del Vangelo non è possibile se non si vigila sulla qualità delle proprie relazioni e non ci si adopera per far crescere attorno a sé il rispetto per ogni persona. I contemporanei di Gesù erano colpiti dalla sua profonda umanità. Le sue parole e i suoi gesti esprimevano l’interesse per ogni situazione umana e il desiderio di prendersi cura delle persone facendosi carico delle loro sofferenze e delle loro paure.
Perciò, non si potrà realizzare alcuna vita “buona” se non si è disponibili all’ascolto, se non ci si fa attenti ai bisogni degli altri, se non si guarda con simpatia e solidarietà ad ogni essere umano. Proprio in quanto uomini e donne che vivono “nel” mondo, i cristiani non vivono la loro fede come fuga o come rifugio, bensì come un’esperienza che si innesta in alcuni fondamentali gesti umani, soprattutto sull’azione del “fidarsi”. >br>
La fede è innanzitutto un dono di Dio, di Colui che vuole stringere alleanza con noi, che entra in comunione con ogni essere umano.
Ma, d’altra parte, la fede è un’azione dell’uomo
A pensarci bene è l’uomo stesso che per sua natura ha bisogno di credere: se non credessimo non saremmo esseri umani. La fede cristiana è possibile perché iscritta nella capacità e nel bisogno umano di fidarsi. Senza avere fiducia in qualcuno non si può crescere e vivere: un bambino cresce se si fida, un innamorato ama ed è riamato se si fida, la società nel suo insieme si sostiene perché basata sulla fiducia reciproca nei suoi stessi membri.
Allora l’Anno della Fede è l’occasione per “fidarci”, cioè per ri-animarci e ri-animare il desiderio di incontrare le persone e di tessere relazioni, di migliorare lo stile dei nostri rapporti e di perdonare, di essere solidali e di sostenere soprattutto chi è nel bisogno fisico e spirituale.
Come la fiducia tra le persone è soggetta ad alti e bassi, all’entusiasmo e alla delusione, così la fede: essa non è la conclusione di una dimostrazione razionale certissima, quanto piuttosto un affidamento, un desiderio profondo di accogliere ed essere accolti. Chi ha fede vive inevitabilmente anche momenti di dubbio e di fatica, ma si tratta di una sofferenza che lo rende solidale con tutti gli esseri umani e lo rende davvero disponibile ad accogliere e fidarsi del Dio-con-noi.
Chi ha fede, chi si fida, sta amando. La fede e l’amore sono inseparabili. Chi ama è obbligato a dare fiducia, a credere nell’altro. Ma allora, l’amore con cui riponiamo fiducia nell’altro, non è prerogativa solo dei cristiani. Tutti, infatti, per vivere una vita che abbia senso, sono chiamati ad amare: anche chi dubita, anche chi fatica a credere, anche chi non crede a Dio.
In occasione del Grest proviamo a pensare se l’appartenenza cristiana qualche volta non sia motivo di divisione: se per professare la fede non si ama… forse va ripensata la fede! E forse va ripensata ripartendo dai “fondamentali”, da ciò che ci rende persone umane: dalla fiducia tra le persone e dall’amore che tutti sperimentano e donano.
I “l-e-g-a-m-i” (da cui “M-e-g-a-l-ì”) tra le persone vanno curati. I cristiani sono chiamati ad essere “credenti” innanzitutto in questo senso. Buon Grest a tutti!
di Paolo Dall’Ò